La connettività è una componente chiave per lo sviluppo dell’”innovazione creativa”. E’ il risultato olistico delle ricerche condotte da Kenneth M. Heilman, Professore di Neurologia e Psicologia della Salute all’Università della Florida, assieme ai suoi colleghi.
L’innovazione creativa necessita secondo tale ricerca di un’alto livello di intelligenza generale, saperi specifici e skills particolari. Queste componenti non sembrano però sufficienti, secondo il prof. Heilman ad attivare processi creativi d’innovazione. Un ulteriore elemento cruciale è l’abilità di sviluppare soluzioni alternative.
Questa componente, più nota come pensiero divergente, unita alle altre, permette la coattivazione e la comunicazione tra aree del cervello che normalmente non sono fortemente connesse tra loro.
Un caso particolare è quello di Albert Einstein. Quando aveva tre anni i suoi genitori lo portarono da un pediatra perché non riusciva ancora a parlare. Si trattava di dislessia dello sviluppo come confermato dagli scienziati che dopo anni hanno analizzato in laboratorio la “rete neurale” del genio della fisica.
Dopo il 1955, gli studi di Witelson hanno rilevato che il cervello di Einstein aveva il lobo parietale sinistro ingrandito e interconnesso rispetto a ciò che si riscontra comunemente negli altri individui e ciò suggerisce un vantaggio soprattutto nella computazione spaziale e nel ragionamento matematico.
L’emisfero sinistro è infatti il luogo del pensiero lineare, sequenziale, quello del calcolo e dell’algoritmo.
L’anormale sviluppo dell’emisfero sinistro di Einstein, secondo le supposizioni Geschwind e Galaburda, condivise anche dal prof. Heliman, deve aver condotto alla alta specializzazione e ad un maggior fitness dell’emisfero destro (luogo della computazione spaziale).
Insomma la dislessia della prima infanzia di Einstein sembra abbia prodotto anatomicamente una serie di connessioni dell’emisfero sinistro con altre aree del cervello per compensare il disturbo. Questo rivela che alcuni disordini mentali, paradossalmente, sembrano migliorare ed accrescere la creatività.
Heilman sostiene che “[...] lo sviluppo di soluzioni innovative dipende dall’abilità di attivare anatomicamente reti distinte rappresentazionali in grado di raccogliere diverse forme di conoscenza. Questa’attivazione simultanea e distribuita permette alle persone di sviluppare soluzioni alternative e innovative.”
Gli studi di Heilman e della sua equipe rivelano inoltre che le persone particolarmente creative hanno una maggiore incidenza di disordini dell’umore e una più spiccata inclinazione alle dipendenze (tutto ciò mentre molti disordini neurologici possono, come sembra ovvio, ridurre e compromettere la creatività).
Per giungere ad una soluzione creativa in un problema insolvibile e persistente un individuo deve cambiare spesso il metodo con il quale ha tentato di risolverlo. In altre parole è necessario pensare fuori dagli schemi.
Le osservazioni sul problem solving realizzate da poco più di un secolo a questa parte ci riferiscono circa l’abilità di cambiare completamente strategia grazie al pensiero divergente e che la creatività è il risultato della raccolta di due o più idee che precedentemente erano isolate tra loro. Un modo per risolvere il problema sembra quindi risultare come la combinazione di differenti forme di conoscenza e strategie cognitive mediate da entrambi gli emisferi del cervello che attraverso l’interconnessione attivano una rete neurale in grado di far luce avendo una visione più completa del problema stesso.
Riguardo i disordini dell’umore e le dipendenze Heilman ha esplorato i legami tra creatività e sonno, sogno, tra riposo, relax e depressione osservando così che ciò che unisce questi elementi è un cambiamento nella”routine” del sistema dei neurotrasmettitori. Due aspetti indispensabili per lo sviluppo del pensiero divergente sono la capacità di distacco e l’abilità di proporre soluzioni alternative.
Molti sono gli esempi riportati da Heilman di scienziati che risolvono problemi nel sonno, prima di dormire o appena svegli. Allo stesso tempo sono molti i casi in cui creatività e ricerca della novità coincidono con un un’alta frequenza di problemi quali alcolismo, consumo di sostanze stupefacenti, depressione bipolare, monodepressione. Questioni che compongono complessi interrogativi per le neuroscienze. Uno di questi riguarda ad esempio l’influenza che il trattamento per la cura dei disturbi depressivi può avere sulla creatività di un’individuo.
Ma la creatività può essere incoraggiata nonostante il make-up cerebrale oppure siamo limitati dal numero di cellule gliali e dalla quantità di “materia grigia”?
I ricercatori dell’Università della Florida sono certi che la creatività può essere incoraggiata. Ad esempio grazie ad ambienti stimolanti e favorendo l’istruzione e la cultura. Heilman e i suoi colleghi insomma sono convinti che la creatività aumenta incoraggiando il pensiero indipendente e divergente.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il seguente link: www.neurologyreviews.com (in inglese)
di Pasquale Direse
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