Cos’è un Uomo? Cos’è una Donna? Cos’è Pace? Cos’è Mafia?
Con queste essenziali domande Danilo Dolci negli anni ’50 in Sicilia, poneva le basi al suo progetto di cambiamento sociale a partire da un percorso maieutico di socratica memoria, donava il proprio contributo liquido ad una terra arida, ma non priva di faglie fertili in cui incanalare vita.
E’ prendendo spunto dal metodo maieutico che nasce e tende a prendere forma il progetto Vestire di Bianco di Caterina Paolinelli, in scena presso il Teatro Pinelli di Messina la sera del 10 Luglio.
Un progetto itineranete e in divenire, mai definitivo e chiuso, ma aperto a lasciarsi contagiare e plasmare dalle realtà fisiche e sociali che lo ospitano. Un progetto osmotico che sfuma i propri contorni nel contesto in cui prende vita e lascia, o per lo meno tenta, di fornire cambiamento o spunto di riflessione a tale situazione contestuale.
Vestire di Bianco si offre dunque come possibilità di lettura del reale attraverso nuovi sguardi, indagandone nuove potenzialità a partire dalle tracce fornite da Danilo Dolci.
Nel caso specifico della mise en place presso il teatro Pinelli, viene permeato dalla situazione politica e sociale dell’attualità di Messina, tenta di comprenderla e di fornirne nuovi spunti di cambiamento attraverso interviste volte innanzitutto agli ospiti, gli occupanti del teatro Pinelli e agli altri protagonisti dello scenario politico Messinese, il neoeletto sindaco Renato Accorinti, l’Autorità Portuale, ente responsabile dei luoghi occupati e altri personaggi di cultura della città.
La performance si declina in un percorso multimediale attraverso gli spazi della Casa del portuale, un rito che, attraverso le azioni sceniche dei performers Stefania Bonafede, Caterina Paolinelli e Simone Baldassari, le installazioni video di Dalila D’Amico, i suoni di Federico Ki, intende proporsi come motivo di riflessione e cambiamento.
“Utilizzando le parole, i pensieri e le modalità di approccio all’altro e al reale proprie di Dolci si parla di arte, cultura, politica. Si toccano temi come mafia, multinazionali e rispetto per se stessi come per gli altri. Il pubblico viaggia, naviga su un flusso fatto da domande, pensieri e acqua che va via via depurandosi. Un percorso che si estende attraverso la fruizione e lo scambio tra gli attori e gli spettatori che vedono cadere, come un muro ormai obsoleto, la quarta parete tanto cara ad un teatro che forse non serve più. Domandare. Domandarsi. L’obiettivo è sempre quello di aprire e dialogare, non avere più risposte e certezze, bensì contribuire a creare un circolo virtuoso che porti ad una nuova esplorazione del se e del reale all’interno del quale siamo immersi.” Caterian Paolinelli
di
Dalila D’Amico
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